Mi permetti un piccolo (e quasi sicuramente sciocco, per cui te ne domando scusa, qui, in anticipo), timido suggerimento?
Perché, anziché chiamarlo O-PenDrive non lo battezzi, invece, OPen-drive? (magari, ti parrà quasi la stessa cosa, ma -in quest'altra versione- ci son molti più "sensi" di lettura e, dunque, più significati)...

Stai tranquillo tutto fatto di sana pianta ed in piena autonomia (NOD32 va tranquillo).

Ciao, Antonio.

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Per Martigues: OPen-drive, in realtà, ha più significati contemporanei: Open Pen-drive è uno; Open-Drive è un altro; OpenPrograms en-drive è il terzo. "Drive", parlando in senso generale è una qualsivoglia Periferica (HD incluso, comprese eventuali Periferiche "virtuali"), il che non crea disturbo alcuno (giacché la suite in questione può funzionar benissimo anche dall'Hard Disk o da altra Periferica, magari anche "virtuale"). Mi pare, dunque (ma il mio è da riguardarsi solo come parere personale) abbastanza azzeccato alla bisogna. O-PenDrive, invece, afferisce al solo senso di Open Pen-drive ed è -a parer mio- un po' più riduttivo di quel che la suite, nel suo complesso, vuol rappresentare veramente.
Detto questo, ciascuno è libero di pensarla come vuole...

Per Alfonso: ho ricevuto la tua email e mi son già attivato -immediatamente- come detto. Dovresti venir contattato a breve. Inoltre, l'amico di cui t'ho accennato, si è iscritto oggi al forum di Aiutamici col nick absolutelyfree. Sentiti comunque liberissimo, se vuoi, di contattarlo tu direttamente (tramite Aiutamici, per esempio). Non serve affatto che il contatto sia tramite me (e sono certo che un contatto rapido e diretto sarebbe graditissimo anche a lui). Se non dovessi ricevere niente (e se non volessi contattare tu direttamente), fammelo sapere e mi darò da fare per scoprire dove sta l'eventuale impiccio.

Mi sa che mi sopravvaluti, amico, perché non c'entra -io credo- alcuna "filosofia" (men che meno, informatica).
Essendo da tanti anni, io, poeta, conosco abbastanza bene le regole di poesia.
Che -come giustamente sosteneva il grandissimo Arthur Rimbaud- si basa completamente sul "deragliamento di tutti i sensi"... che NON sta a significare che per far poesia bisogna stordirsi e drogarsi come fagiolini, bensì che la poesia di basa proprio sulla contemporanea accettazione di TUTTI i possibili "sensi" (i quali, dunque, "deragliano" l'uno dentro l'altro senza alcuna fine) di ciascuna frase, di ciascun verso e di ciascuna singola parola (il tutto, sempre, "in contemporanea").
Se io scrivo "sole", il senso è duplice: aggettivo plurale femminile e sostantivo singolare maschile (ossia, una stella). Se ENTRAMBI questi significati sono CONTEMPORANEAMENTE veri, sto facendo poesia.
Se scrivo "signore", il senso è duplice: plurale femminile e singolare maschile. Se entrambi questi sensi son CONTEMPORANERAMENTE veri, sto facendo poesia.
Se scrivo "signore di vita", il senso è molteplice: si va dal "maestro di vita" alle "signore di facili costumi"... Se tutti questi significati sono veri CONTEMPORANEAMENTE, allora sto usando il "deragliamento dei sensi" canonizzato da Rimbaud (e di cui il "correlativo oggettivo" eliotiano è -senz'alcun dubbio- una inevitabile conseguenza) per fare poesia.
Non dico che ciò basti a far della BUONA poesia: più semplicemente, affermo che non è possibile poesia (in versi oppure in prosa... e in qualsivoglia lingua) senza "deragliamento di TUTTI i sensi"...
La molteplicità dei possibili "sensi", per me, dopo anni a scrivere versi, è ormai quasi automatica: m'esce quasi di getto, con gran facilità... Semplicemente questo, m'ha guidato. Alla Filosofia (che punta, invece, a dare un "significato chiaro" -e, dunque, un senso solo- alle parole e, dunque, è cosa totalmente OPPOSTA alla poesia) non ho manco la forza d'animo d'arrivarci: troppo vicina alla Fede, contraria al gusto mio. Mi piace la poesia, perché dispensa il dubbio: il dubbio è un grande dono.